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La riabilitazione degli scarti di vetro

rehub, partendo dalla problematica degli sfridi di produzione delle vetrerie artistiche di Murano, ha ideato un nuovo metodo di lavorazione del vetro

Le vetrerie di Murano sono famose in tutto il mondo per le loro creazioni artistiche che riflettono una tradizione antica di lavorazioni artigianali di alto pregio. Ma pochi sanno che, proprio a causa della loro unicità, il 50% del vetro manipolato in isola diventa scarto. Questo si traduce in tonnellate di scarti di vetro non recuperabili nella filiera del riciclo e quindi destinati alla discarica tra i rifiuti speciali.

Per risolvere problematiche di questa portata occorrono idee geniali come quella progettata da Matteo Silverio, fondatore di rehub, una startup innovativa che ha inventato un nuovo metodo di lavorazione del vetro.

“Sono laureato in architettura, ma la mia passione è lavorare nel campo del vetro tra ricerca, arte e design – racconta Silverio. Sette anni fa, quasi per caso, dopo diverse esperienze importanti anche all’estero, sono tornato a Venezia con mia moglie, Marta Donà, originaria di Murano, e insieme abbiamo deciso di avviare un corso sulle nuove tecnologie per apportare innovazione in un mondo incantato e radicato nella tradizione come quello della vetreria artistica più famosa al mondo. Abbiamo coinvolto sei vetrerie e le abbiamo associate a sei designer con l’intento di avviare nuove sperimentazioni.

All’inizio non è stato semplice coniugare tecnica e creatività, poi i maestri vetrai hanno iniziato ad interagire quando hanno compreso che l’idea non era di sostituire i loro prodotti e lavorazioni ma di creare una sinergia con l’obiettivo di implementare progetti innovativi. Con il supporto dell’Università Ca’ Foscari Venezia e il Consorzio Promovetro Murano siamo riusciti a realizzare una mostra nella ex sede della Camera di Commercio di Venezia. Da quella esperienza estemporanea è nato il mio lavoro attuale. Ora sono docente al Master in Architettura Digitale all’Università Iuav di Venezia e consulente di design e ricerca per aiutare a comprendere l’impatto delle nuove tecnologie nell’attività delle vetrerie artistiche di Murano.

Ci sono effettivamente lavorazioni ad alto valore aggiunto che devono essere eseguite a mano e che costituiscono la discriminante tra artigianato ed industria. Ma ci sono altre attività di basso valore aggiunto che possono essere modificate al fine di ridurre l’impatto ambientale di una lavorazione energivora, che produce una enorme quantità di scarti e che rappresenta anche una spesa notevole per le vetrerie.

A Murano oggi metà del vetro artistico lavorato, circa 1000 tonnellate l’anno, non può essere riciclato a causa dei pigmenti aggiunti per colorarlo, quali rame, cobalto, manganese, ferro, oro, che non possono essere mescolati agli imballaggi di vetro regolarmente riciclati all’interno del circuito nazionale (CoReVe).

Siamo partiti da una questione locale, ma la non riciclabilità è una caratteristica che accomuna il vetro di Murano ad altri tipi di vetro: i normali bicchieri che utilizziamo in casa, lampade e lampadine, ma anche i vetrocamera delle finestre vengono infatti prodotti con un vetro che deve essere gettato nell’indifferenziata o conferito presso le isole ecologiche. Il vetro è un po’ come la plastica: ce ne sono tanti tipi con diverse caratteristiche.
E anche se i vetri sono costituiti più o meno dagli stessi ingredienti hanno coefficienti diversi che non li rendono compatibili tra di loro e in fondita fanno scaturire seri problemi, perché i materiali dilatano in modo diverso creando micro tensioni che si trasformano in microfratture e poi in vere e proprie fratture. Molte vetrerie riciclano il proprio scarto per creare piccoli oggetti come fermacarte, cornici, ecc., ma si tratta di esperienze isolate che incidono marginalmente sul problema globale. Il vetro è sostanzialmente sabbia (silice), ma la sua lavorazione presuppone un grande dispendio di energia che obbliga le aziende a fare economie di scala, quindi produrre tanto con forni sempre più grandi”.

L’idea rivoluzionaria prende vita
“Noi ‘millennials’ siamo nati con la consapevolezza dell’importanza della sostenibilità e quindi, da nativo ecologista, ho deciso di partecipare ad un bando di ricerca sull’economia circolare indetto dall’Università di Venezia, e l’ho vinto, sviluppando un processo finalizzato alla produzione di oggetti per dimostrare la sua applicabilità non solo in un contesto critico e problematico per Venezia, ma anche ripetibile in altri ambiti.

Nel 2020 per la prima volta ho ideato un processo in grado di trasformare il vetro di scarto in una specie di pasta morbida che si può modellare a mano, attraverso processi additivi, tramite le nostre stampanti 3D con estrusore (in attesa di brevetto) o utilizzando tecniche di rullatura o stampaggio a iniezione.
La stampa 3D del vetro non è una novità, ma esiste come processo a caldo ed è energivoro.
Noi abbiamo ideato un processo a freddo, che consente un notevole risparmio energetico e il recupero di un materiale prezioso, che le vetrerie ci forniscono volentieri risparmiando gli oneri di smaltimento e favorendo l’economia circolare.

Nel 2022, insieme a mia moglie Marta, ho costituito rehub Srl che già nel nome incarna e promuove il processo descritto: il prefisso ‘re’ sintetizza le quattro R dell’economia circolare (reduce, reuse, recycle, recover); ‘hub’ è lo snodo, il luogo della trasformazione. Ma la pronuncia fonetica rimanda alla ‘riabilitazione’: la nostra mission è dare nuova vita agli scarti non riciclabili del vetro attraverso tecnologie e processi creativi destinati a influenzare il design moderno”.

rehub ha vinto moltissimi premi: prima classificata a Starthub 2022, competition dell’Università Iuav di Venezia per individuare le più promettenti idee imprenditoriali di studenti ed ex studenti; seconda classificata nella StartCup Veneto, che ha premiato le 5 migliori Startup del territorio; seconda su 60 startup al Mit DesignX Venice, programma di accelerazione del prestigioso MIT di Boston.

Al Premio Nazionale dell’Innovazione, rehub è risultata l’unica startup veneta tra i vincitori, ha vinto la selezione per partecipare al percorso di accelerazione del Polimi Encubator e due premi: il Premio Green&Blue Climate Change, e il Premio “WMF We Make Future – Festival sull’Innovazione Digitale” che si è tenuto a Rimini lo scorso giugno 2023.

In occasione del Venice Innovation Design di luglio, rehub è stata premiata da Domitilla Dardi, vincendo la partecipazione ed EDIT Napoli 2023, festival internazionale di design, nell’ambito del quale ha ricevuto una menzione speciale all’interno del concorso come miglior inedito.

Al momento rehub è finalista nella prossima assegnazione del premio Marzotto Venture Accelerator di RePower.

Il prossimo futuro
Il processo innovativo di rehub sviluppa un potenziale di personalizzazione che si manifesta in forme, geometrie e pattern, anche di dimensioni notevoli, impossibili da realizzare con le tradizionali tecniche di lavorazione del vetro.

“Creare oggetti con nuove applicazioni e infinite possibilità, combinando le moderne tecnologie con il saper fare umano in artigianato, ricerca, design e arte, è il nostro intento ultimo. Non vogliamo in alcun modo sostituirci alle vetrerie artistiche e industriali perché facciamo cose diverse; siamo eventualmente complementari e il nostro focus rimane il riciclo non la produzione in sé – specifica Silverio.
Ora stiamo cercando di capire come migliorare la pasta per renderla più plastica e miriamo a rendere il processo più versatile.
Intanto nell’ultimo anno abbiamo goduto della collaborazione di Erica Villa, divulgatrice scientifica e responsabile comunicazione e marketing di rehub, che purtroppo ultimamente ha dovuto lasciarci.
Stiamo cercando di capire come strutturare il team per farlo crescere in modo armonioso e coerente senza perdere di vista le cose veramente importanti. Ho vinto molti premi ma attualmente il rischio imprenditoriale è tutto sulle mie spalle. Sia io che Erica siamo giovani ma siamo anche genitori e vogliamo affrontare ogni passo in modo maturo, il che significa essere consapevoli dei propri pregi ma anche dei propri limiti. Erica si è occupata di veicolare la nostra idea e il processo promuovendo progetti di collaborazione. Ci stiamo circondando di persone che ci aiutino a capire qual è la strada migliore da percorrere per crescere ed aumentare i volumi potenzialmente processabili. Le macchine attualmente a disposizione sono ottimi prototipi con un elevato grado di efficienza, ma devono diventare macchine industriali che permettano alle aziende produttrici di scarti di vetro di poterli rielaborare.
Vorremmo esportare nel modo più capillare possibile queste due innovazioni, la trasformazione del vetro in pasta e la creazione di macchine adatte a modellarla, per dare ai giovani l’esempio di un modo più sostenibile e tecnologico di fare impresa, e ai nostri figli un Pianeta migliore di come l’abbiamo ereditato” – conclude Matteo Silverio.

https://rehub.glass

Photos by Michele Mescolin

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