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TMP, tecnici delle materie plastiche.

Il new normal che parte da lontano.

Il futuro nello sviluppo del consumo e della produzione della plastica va delineando il nuovo scenario tecnologico, il terreno sul quale confrontarsi, sia da un punto di vista tecnologico che normativo. Non esiste la soluzione, bensì una serie di linee guida che porteranno a soluzioni diverse per paese, tipo di materiali, struttura industriale e consumi prevalenti. Ciò che sembra venuto ormai a galla è che non può essere affrontata nessuna discussione in merito a circolarità e sostenibilità senza che il tema dei rifiuti post-consumo -qualunque sia la tipologia- venga affrontato per primo, poiché da esso dipendono tutte le altre soluzioni.

In tal senso, l’educazione dei cittadini a non disperdere nell’ambiente i rifiuti solidi urbani ed il trattamento degli stessi da parte delle autorità competenti sarà la chiave di ogni soluzione di successo. Le associazioni e le autorità competenti stanno affrontando sfide che alzano l’asticella delle difficoltà di giorno in giorno, stanno combattendo battaglie contro i pregiudizi, le false convinzioni; contro la disinformazione e la ricerca della strada più veloce per ottenere tutto e subito, che poco hanno da spartire con il riciclo e la sua coscienziosa nonché efficace attuazione ed evoluzione.

In ciò che sembra essere la ricerca di un equilibrio ed al contempo una spinta ad innovare ed innovarsi, le associazioni di categoria, nelle diverse sfaccettature dell’industria della plastica e del mondo connesso al suo recupero e riciclo, rappresentano un enorme capitale di esperienze, conoscenze e passione.

Con questa passione, Giuseppe Capparella, vicepresidente dell’associazione tecnici delle materie plastiche (TMP), forte di un’esperienza di 40 anni in tutti i settori legati alla chimica del petrolio e dei suoi derivati, ci guida in un breve memoriale che ripercorre i passi mossi dall’associazione, dalla creazione fino all’importante e lungimirante contributo ai dibattuti temi odierni.

Parlare della nostra associazione, TMP tecnici delle materie plastiche, non può prescindere da raccontare un po’ di storia che è anche la storia dello sviluppo di questa industria in Italia, industria che oggi consta di circa 9.730 imprese ed impiega oltre 178.000 addetti ed esporta più del 50% del fatturato totale. Partiamo dagli anni ’70 quando le materie plastiche conoscono uno sviluppo impetuoso ed il loro utilizzo si diffonde con rapidità in tutti i campi applicativi, nell’imballaggio, nel settore auto, nel medicale, nel settore elettrico/elettronico, nell’edilizia, solo per citarne i principali. Si comincia a capire che i nuovi materiali hanno potenzialità enormi nella conservazione degli alimenti e della sicurezza alimentare, dell’igiene personale, del trasporto dei liquidi di ogni genere, nella impermeabilizzazione dei tessuti e nell’isolamento elettrico. Potenzialità che vengono subito messe a frutto, tanto da far diventare questi materiali indispensabili nella vita di ogni giorno. È l’eredità del Nobel del professor Natta che si trasferisce immediatamente nell’industria e nella società. Lo sviluppo dei nuovi materiali è sostenuto, oltre che da ovvie ragioni economiche, da un enorme impegno di ricerca e innovazione, che vede coinvolte intensamente molti istituiti accademici e aziende. Occorre capire come sono fatti i nuovi materiali, la loro struttura, le loro proprietà intrinseche, le proprietà che derivano dalla loro modifica mediante cariche ed additivi.  Ma anche cercare i migliori modi per trasformarle in manufatti.  Nascono e si sviluppano in quegli anni tutte le tecnologie di trasformazione che oggi conosciamo, l’estrusione, la filmatura, la termoformatura, lo stampaggio ad iniezione, la calandratura, la spalmatura, il soffiaggio ad il rotazionale. È un lavoro di ricerca e sviluppo molto coinvolgente e gratificante, dove lavorano fianco a fianco figure professionali molto diverse, periti, ingegneri, chimici, fisici, tutti praticamente senza esperienza, perché a quei tempi la scuola non aveva colto (salvo qualche lodevole eccezione come l’ITIS di Varese) le novità dei nuovi materiali.

Sulla scia di questo fermento di innovazione è naturale che proprio negli anni ’70 nascono alcune associazioni di tecnici o di esperti delle materie plastiche. Associazioni diverse da quelle confindustriali che si interessavano spesso solo dei contratti di lavoro, associazioni presenti ancora oggi e che hanno costituito i luoghi di incontro di esperienze diverse e fruttuose.

Una delle prime associazioni è la Società italiana di Reologia, una associazione, nata all’inizio degli anni ’70 per iniziativa di tecnici della Montedison, Eni, Snia e Pirelli, di alcune università (Politecnico di Milano, Napoli, Bologna, Genova, Pisa, Trieste) e di alcune aziende commerciali (Contraves, di Milano, del dr. Pietro Crovetto e Instron). Un’altra Associazione che nacque introno alla metà degli anni settanta è l’Associazione Italiana delle Macromolecole, AIM, nata dagli stessi protagonisti industriali e accademici sopra ricordati, ma con un taglio più ampio, dedicato al mondo dei polimeri in generale, ma che presto prenderà un taglio più accademico che industriale.

Una importante novità associativa emerge a fine anni 70, ed è la nostra Associazione italiana delle Materie Plastiche o TMP. A differenza dell’AIM, che si rivolge da subito ad una utenza accademia o industriale, TMP nasce nel 1978 come luogo d’incontro di tecnici. Il suo focus è sui materiali, intesti come prodotti industriali, cioè non solo polimeri derivanti dalla sintesi dei processi petrolchimici, ma polimeri modificati mediante opportuna formulazione (compounding) e pronti per essere trasformati tramite apposite tecnologie in manufatti. Questo taglio innovativo, rispetto a quello più accademico sulla sintesi e sulla caratterizzazione dei polimeri, veniva incontro alle esigenze di allargamento delle conoscenze di gran parte dei tecnici e dei commerciali del mondo delle materie plastiche. Esigenza reale e non coperta, o coperta solo marginalmente, dalle scuole superiori e dalle Università.

TMP nasce a Milano per iniziativa di Giuseppe Nardella, un giovane editore quarantenne che con la sua casa editrice Tecniche Nuove si rivolge specificamente al mondo tecnico e scientifico. Pubblica testi tecnici, soprattutto traduzioni da testi inglesi e tedeschi, e alcune riviste specializzate per numerosi settori commerciali. La sua nuova rivista Interplastics, dedicata al settore delle materie plastiche, è supportata dai tecnici soci fondatori dell’associazione come Giuliano Sferati, Vincenzo Ruoti, il prof. Soncini. L’iniziativa ha subito un gran successo perché si pone come punto di riferimento e di aggregazione culturale e sociale per una ampia platea di persone che operano in un settore nuovo, dove mancano le informazioni e i contatti. In effetti il settore aggrega un insieme di attività molto ampio, che richiede conoscenze ‘miste’ di chimica, di fisica, di meccanica, di ingegneria e di proprietà dei materiali, informazioni che in molti casi sono anche novità. Si pensi a tutto ciò che ruota intorno al mondo dello stampaggio ad iniezione, allora in gran crescita, con novità a getto continuo come metodi di simulazione di riempimento degli stampi, l’introduzione dell’elettronica e dell’informatica.

Proprio in quel periodo arrivano sul mercato il Moldflow dell’australiano Colin Austin e il prototipo Fabest di Giorgio Bertacchi (più tardi divenuto presidente del TMP). E la FIAT propone un paraurti innovativo, lo scudo, in plastica, (in polipropilene) per il modello Ritmo. Piccole e grandi innovazioni che hanno segnato un’epoca. Già negli anni ’80 il TMP raccoglie l’adesione di circa 200 tecnici ed i suoi Congressi annuali portano in sala altrettante persone interessate al settore. A questo evento principale si affiancano nel corso dell’anno diversi seminari di mezza giornata su argomenti tecnici. Buona parte delle relazioni dei Congressi e dei seminari viene pubblicata sulla rivista Interplastics, che più tardi diventerà PLASTIX. Negli anni 90 l’associazione si concentra su tematiche legate ai tecnopolimeri, allo stampaggio ad iniezione ed al compounding in generale e diversi presidenti vengono da imprese trasformatrici leader nel loro settore.

Oggi siamo arrivati al 25°congresso e le tematiche affrontate si sono allargate al ruolo che questa industria svolge nello sviluppo della nostra società ma senza dimenticare che la competenza tecnica è sempre alla base di tutte le nostre attività. Il nostro sito (www.associazionetmp.com, ndr) e le nostre newsletter tengono informati i soci sulle ultime attività e spiegano come diventare soci e partecipare ai nostri eventi. Dal 2019 è stato inoltre istituito un premio di laurea per giovani che svolgono tesi relative al nostro settore e che questo anno ha già raggiunto un notevole numero di partecipanti da molte università italiane e che vede la premiazione in una giornata dedicata al rapporto imprese, università e scuole tecniche.

Il futuro ci presenta una sfida legata al profondo cambiamento della struttura industriale del settore e della società in generale, cambiamento che si riflette nella composizione del parco soci che si è arricchito di società operanti in tutta la filiera e nelle richieste tecniche sempre più interdisciplinari. Negli ultimi anni le materie plastiche sono state sotto attacco da parte dei media e dell’opinione pubblica per i motivi ben noti di dispersione dei rifiuti post-consumo nell’ambiente, ma come evidenziato anche nel nostro ultimo congresso a titolo il new normal della plastica la nostra industria ha saputo reagire in fretta offrendo diverse soluzioni tecniche agli operatori del settore ed ai legislatori in generale ed è ben attrezzata per aiutare la sostenibilità che ci viene richiesta dalle nuove sfide per aiutare la crescita del nostro paese. La pressione dei media è comunque servita ad amplificare una caratteristica delle materie plastiche poco nota ovvero la sua riciclabilità. Il riciclo che era limitato al recupero degli scarti industriali è stato esteso alla plastica raccolta post-consumo, e gli stessi sistemi di raccolta si sono specializzati nella separazione dei diversi tipi di plastica e nella loro purificazione per il riuso. Viviamo oggi un momento dove politici, imprenditori, giornalisti e cittadini comuni riflettono e discutono in pubblico su come migliorare i sistemi produttivi, ridurre gli scarti e difendere l’ambiente da ulteriori inquinamenti. In questa ottica l’idea dell’economia circolare è emersa con lo scopo di conciliare la crescita economica con la scarsità di risorse naturali. Questo nuovo modello è basato sull’idea che è possibile creare valore nel riciclare i vari prodotti a fine vita per poterli riusare nelle stesse o differenti applicazioni riducendo in tal modo la necessità di nuove materie prime ed annullando, se possibile, il tema del trattamento dei rifiuti.

In particolare, occorre ripensare i criteri di design, produzione distribuzione e consumo dei prodotti allungando la vita degli stessi, incentivando il loro uso a scapito del loro possesso e facilitando il loro riuso o riciclo a fine vita. Sino a ieri venivano usati principalmente due soli metodi per riutilizzare le plastiche a fine vita: il riciclo meccanico, conseguente ad operazioni di recupero e l’incenerimento o recupero energetico. In tempi recenti, queste due tipologie di azione sono state affiancate da altri approcci tecnologici. Qualche scarto di polimero può essere riusato attraverso processi chimici che ridanno i monomeri iniziali (depolimerizzazione di nylon6 o poliesteri particolari); in tal caso si parla di riciclo chimico, ma il suo utilizzo è limitato a pochi casi. Lo stesso vale per le bioplastiche il cui impiego forzato non risolve né il tema del riciclo né quello dell’inquinamento.

La soluzione migliore sino ad ora utilizzata, soprattutto dalle filiere industriali, è la raccolta di singoli polimeri a fine vita; un chiaro esempio è l’industria dell’edilizia che è il secondo settore per consumo di polimeri dopo l’imballaggio. Degli oltre 10 milioni di tonnellate di plastica usata in Europa nel settore ogni anno circa la metà è PVC e nonostante la cattiva immagine del passato si prevede di recuperare e riciclare oltre 800.000 tonnellate anno di PVC entro il 2020 con il programma VinylPlus. Nel settore imballaggio il riciclo delle bottiglie in PET troverà di sicuro soluzioni positive coinvolgendo la grande distribuzione ed i consumatori, così come sta avvenendo nel settore agricolo con il riciclo dei diversi film di poliolefine. Anche per gli stirenici si sta impostando una filiera di riciclo perché ormai si è capito che il riciclo del polymermix non è fattibile se non per poche applicazioni di bassissimo valore aggiunto.

Infine, vanno menzionati i diversi progetti di riciclo chimico in fase di scale-up industriale che risolveranno in maniera definitiva il ritorno nel ciclo petrolchimico di tutto quello che non sarà possibile riciclare meccanicamente. Di sicuro la soluzione futura risiede nella progettazione e produzione dei nuovi prodotti secondo i criteri dell’economia circolare e nel limitare l’utilizzo delle plastiche monouso dove effettivamente siano necessarie.

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