Il Consiglio dei Ministri, riunitosi nella serata di ieri, 22 novembre, ha deciso di rinviare ulteriormente l’applicazione della cosiddetta “plastic tax” che era stata varata nel 2019 dal governo Conte.
Sembrerebbe che tale rinvio sarà applicato anche per tutto il 2023.
Nella serata di ieri il CdM, fra le altre misure, ha rinviato l’applicazione della “plastic tax“, la tassa che prevederebbe un’imposta di 450 euro a tonnellata per i manufatti in plastica di singolo impiego (Macsi).
Nei giorni scorsi il presidente di UnionPlast Marco Bergaglio aveva nuovamente espresso la propria contrarietà alla tassa, chiedendone addirittura la cancellazione definitiva:
“La Plastic Tax, tassa nata quattro anni fa con l’obiettivo di contrastare in modo meramente sanzionatorio gli effetti negativi della mancata chiusura del ciclo dei rifiuti plastici da imballaggio, si è dimostrata a tutti gli effetti inefficace e di formulazione complessa al punto da renderne difficile la sua applicazione.
Oltre a non essere mai stata accompagnata da una valutazione di impatto che ne provi in modo scientifico l’utilità ambientale, la tassa è anacronistica anche sotto il profilo economico: dai 650 milioni di maggiori entrate inizialmente ipotizzate, si è arrivati a 32,9 milioni in seguito ai radicali cambiamenti subiti dal mercato negli ultimi anni.
Ancora più anacronistica appare alla luce delle previsioni legislative che riguardano l’etichettatura ambientale degli imballaggi e l’introduzione di un sistema di deposito cauzionale destinato agli imballaggi per bevande, con percentuali di raccolta stimate per alcune tipologie circa al 90%.
La tassa grava anche su imballaggi monouso per alimenti e cosmetici, per i quali già altre norme vietano l’uso di materiali riciclati post-consumo per evidenti ragioni di sicurezza sanitaria”.