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Conciliare interessi differenti significa collaborare al raggiungimento degli obiettivi di riciclo prefissati.

Nelle parole dell’imprenditore Roberto Sancinelli cogliamo le chiavi per lo sviluppo del settore.

Quanto il ruolo della plastica sia indispensabile ed il suo utilizzo insostituibile è ormai ben chiaro a chiunque osservi il fenomeno nell’ottica di un’oggettiva valutazione, scevra dei pregiudizi e dell’odio ingiustificato verso il materiale che ha contribuito a cambiare i nostri stili di vita. È un dato oggettivo, tanto quanto lo è il fatto che Montello S.p.A. sia ormai da molti anni il fiore all’occhiello dell’industria italiana in materia di Circular Economy.

Per via del suo innovativo e sempre più efficace approccio, osserva ed agisce da vicino tanto dal punto di vista tecnico quanto sul piano strategico. Montello ha infatti negli anni costruito una dinamica virtuosa, frutto anche di acquisizioni e partecipazioni ad hoc nel settore dei recuperatori di materie plastiche, per rendere tangibile il concetto di economia circolare ed ha applicato con estrema produttività l’enorme know-how tecnologico sviluppato, tanto al comparto di digestione anaerobica con le sue 695.000 t/anno di FORSU da raccolta differenziata quanto all’altro ramo di azienda, quello della produzione di MPS plastiche provenienti da materiali post consumo che tratta ben 300.000 t/anno.

Sui mercati, l’azienda non ha bisogno di presentazioni; rappresenta realmente lo stato dell’arte nell’utilizzare al meglio delle possibilità le tecnologie ad oggi disponibili nel panorama della ricerca e sviluppo e sa coniugare la sostenibilità ambientale, frutto anche del suo essere un’azienda effettivamente carbon negative, all’enorme capacità produttiva per soddisfare la costante domanda sui mercati delle MPS – e dell’energia – come pochi altri attori a livello globale.

Abbiamo incontrato ad Ecomondo il Presidente di Montello, Roberto Sancinelli. La sua capacità di aver precorso i tempi in ogni momento storico del settore del recupero e del riciclo, unitamente alla sua visione di insieme, ne fanno uno degli interlocutori più brillanti ed affidabili per avere il polso della situazione che l’intero settore del riciclo sta vivendo, in questo momento di grandi cambiamenti del quadro normativo e tecnologico in merito al riciclo delle materie plastiche.

“Per il nostro settore è chiaramente un momento di euforia, di grande fermento” esordisce Sancinelli. “Va però fatta una precisazione. Da un lato ciò è positivo perché vuol dire che sui mercati c’è interesse, c’è volontà di fare. Dall’altro lato -e questo mi è stato confermato parlando anche con altri imprenditori- ho una preoccupazione: che questo fermento sia dovuto in parte ad aspetti legati ai provvedimenti in corso, come ad esempio la sezione del PNRR incentrata sul riciclo. C’è una deriva di comunicazione nella quale il nostro settore è coinvolto in merito alle ingenti somme di denaro che dovrebbero, in linea teorica, essere stanziate in modo che possano essere investite nel settore dei rifiuti e di conseguenza nella tutela ambientale. Questa comunicazione, questo messaggio che sta passando è ciò che rende preoccupato tanto me quanto gli altri imprenditori del settore; non vorremmo infatti che questa euforia si traducesse in una sorta di ripresa produttiva “dopata” dalla prospettiva teorica di questo flusso di denaro da investire. La cosiddetta distinzione tra domanda apparente e domanda reale vale quanto mai anche in questo frangente, poiché l’aspettativa si sta indubbiamente creando. Se questa aspettativa si tradurrà veramente in atti concreti, mi preoccupa l’effetto dopante che avrà sul settore l’immettere nel mercato questa massa di liquidità poiché spesso, se qualcosa accade in conseguenza di uno stato generalizzato di euforia, generalmente poi segue una flessione quando i nodi vengono al pettine.”

Nel concreto, da cosa deriva questa preoccupazione?

Il mio timore è che tutto ciò che si sta facendo intorno alla transizione ecologica avvenga per la necessità di sostenere il mercato, per il bisogno contingente e non perché fattivamente spinta da opportune idee e determinazioni a priori. E questo potrebbe, ripeto, essere pericoloso e controproducente. Una prima problematica connessa è sotto gli occhi di tutti: non è ancora avvenuto niente di concreto e tutti i costi energetici sono saliti. Eppure, il petrolio è ancora quello di prima della pandemia, il gas è sempre lo stesso. Le materie prime sono ancora le stesse e guardate cosa sta accadendo. Nel nostro settore, tutti i vantaggi virtuali che immediatamente si sono prospettati in questa congiuntura sono stati concretamente annullati dagli aumenti nei costi dell’energia.

In altri termini, io credo in uno sviluppo che sia guidato non da un sostegno generalizzato, bensì indirizzato in qualcosa che abbia realmente necessità di essere sostenuto. Prendiamo ad esempio le nuove tecnologie di riciclo. Non ritengo occorra finanziare tecnologie di riciclo già consolidate. Chi ha scelto di investire in questo settore non ha avuto problemi economici, anzi, ha avuto un ritorno economico sostanziale in quanto gli investimenti nel settore del riciclo, se fatti in maniera corretta e ponderata, hanno un tasso di ritorno spesso relativamente breve. Perciò dico che voler dopare ancora questo aspetto del settore non ha poi tutta questa utilità. Gli investimenti andrebbero invece indirizzati verso altri aspetti che hanno necessità di avere sostegni, come ad esempio l’aspetto infrastrutturale oppure, meglio ancora, per incentivare l’utilizzo del materiale riciclato. In cosa oggi l’economia circolare è infatti carente? Nell’utilizzo del materiale riciclato. Allora investiamo su questo piuttosto che nella realizzazione di altri impianti. Potremmo anche raddoppiare la capacità produttiva ma se poi non abbiamo lo sbocco sui mercati per i materiali proposti, capiamo allora perché occorre assolutamente indirizzare altrove queste misure di sostegno.

In sintesi, servirebbe maggior concertazione e consultazione con gli imprenditori del settore.

 Esatto. Si potrebbe fare molto di più. E meglio. La raccolta differenziata è gestita dal pubblico, soprattutto il rifiuto urbano. Per quanto tutto si svolga nelle regole e nella massima trasparenza dei migliori intenti -questo tengo a dirlo- non smetto mai di auspicare una maggiore collaborazione, frutto di un ascolto realmente più profondo, tra il modo politico, il potere decisionale a livello normativo, e gli imprenditori del nostro settore.

Verso cosa deve rivolgersi allora l’attenzione del settore del riciclo della plastica?

 L’economia circolare è indirizzata chiaramente verso la necessità di riciclare e tale necessità va perseguita con costanza poiché soltanto il riciclo permette di utilizzare sempre meno le materie prime vergini. Siamo tutti concordi quindi sul fatto che occorre perseguire cambiamenti nei sistemi di approvvigionamento e dei consumi. L’inquinamento è purtroppo un dato di fatto e dobbiamo ridurre l’incidenza che questo ha nei cambiamenti climatici; anche noi riciclatori abbiamo la nostra parte di lavoro da svolgere in tal senso. Occorre però prenderne coscienza ed avere il coraggio di dire, anche a livello istituzionale, che occorrono i tempi giusti, senza lanciarsi in affannose rincorse. E’ perfettamente coerente darsi degli obiettivi -vedasi quelli comunitari per i numeri del riciclo al 2025 ed al 2030- perché gli obiettivi sono necessari per fare una pianificazione corretta e procedere nella direzione giusta. Dobbiamo essere tuttavia coscienti del fatto che i tempi saranno un po’ più lunghi di quelli auspicati e richiesti.

Se ci limitiamo a guardare i numeri, probabilmente non riusciremo a stare nei tempi che ci sono stati dati dalla comunità europea, eppure stiamo andando in quella direzione e, decisamente, ci stiamo andando molto bene. Piuttosto che mirare ad ogni costo ad un target preciso in termini di quantità, siamo arrivati ad un punto in cui, se vogliamo che le materie prime secondarie che escono dagli impianti di riciclo abbiano realmente una seconda vita, occorre normare per legge l’utilizzo dei materiali riciclati. Serve renderne l’impiego un obbligo, senza lasciarlo solamente ad una scelta delle singole aziende e dei singoli soggetti coinvolti, come fatto ad esempio per le bottiglie in PET. La stessa cosa dovrebbe essere fatta anche per gli altri materiali. Così facendo, state pur certi che da quel momento la plastica assumerebbe talmente tanto valore in maniera certa e non arbitraria, che nessuno avrebbe più il minimo dubbio in merito alla convenienza di riciclarla tutta.

Il che potrebbe aprire scenari virtuosi per l’intera collettività. E’ questa un’esagerazione?

No, affatto. Se lavoriamo per rendere realmente concreto questo indirizzo, probabilmente arriveremo un giorno al momento in cui al cittadino non verrà più richiesto di corrispondere una tassa sui rifiuti per il loro trattamento. Parallelamente al lavoro che valorizzerà sempre più il rifiuto, verrà meno la necessità di chiedere al cittadino di contribuire a dare nuovo valore ai materiali, poiché sarà il mercato stesso, in questo caso quello delle materie plastiche, a provvedere alla sua valorizzazione. Fra vent’anni, magari anche prima, non pagherà più il contribuente ma saremo noi riciclatori, noi industria del riciclo a pagare il rifiuto per averlo disponibile ed utilizzarlo come materia prima di base per produrre i nostri prodotti. In questo modo tutto si capovolgerà.

A patto ovviamente che il tutto sia gestito nel migliore dei modi, con equità e maggiore ascolto delle istituzioni nei confronti delle aziende del riciclo, sane portatrici di interessi economici ma anche e soprattutto di sostenibilità a tutto vantaggio dell’ambiente.

Certamente, e qui ritorniamo a quanto dicevo in precedenza. L’ingente flusso finanziario dispiegato sulla carta va assolutamente indirizzato bene, ed applicato anche meglio di quanto possa essere teorizzato a monte. Soltanto così ci saranno ripercussioni positive su tutta la filiera del riciclo e, nello specifico, nella catena della creazione del valore aggiunto per la plastica. Il mondo istituzionale deve stare vicino, vicinissimo all’economia reale e alle imprese, non ci sono vie di mezzo se non quelle della conciliazione tra interesse pubblico e privato, tra benessere collettivo nella tutela dell’ambiente e corretta valorizzazione economica dei rifiuti. In questo caso, infatti, conciliazione non è sinonimo di rinuncia, di accettazione di compromessi che limitino il progresso generale. Conciliare ora significa soltanto collaborare per raggiungere insieme gli obiettivi prefissati.

Parliamo allora di conciliazione degli interessi con le aziende produttrici, prendendo ad esempio i produttori di packaging. Il produttore di beni finali dovrebbe in qualche modo adeguarsi ed allinearsi alle esigenze dei riciclatori? In quale misura può essere valida questa soluzione?

Tutto in realtà si riassume di nuovo in una parola sola: collaborazione. Se percorriamo l’esempio dei produttori di packaging, anche loro devono prendere coscienza del fatto che è necessario progettare il proprio manufatto partendo da materiali riciclati. Certamente è un grande impegno, nessuno lo nega, ed è un impegno che spesso non ha un costo immediatamente calcolabile come quello finanziario per la materia prima e la tecnologia. Parliamo di impegno nel marketing strategico, nella comunicazione. Questo però è ciò che serve per cercare di renderlo altrettanto accattivante nell’immaginario dell’acquirente finale, del consumatore.  Sui prodotti realizzati in materiale vergine ormai tutti si sono standardizzati e non ci sono nuovi immaginari da creare; è ora di cambiare il passo e la direzione, stabilendo insieme nuovi criteri di performance e nuovi standard di esigenza per i prodotti realizzati anche in questa filiera produttiva.

La comunicazione mediatica in questi anni è stata fin troppo diretta e spesso fuorviante. Ha dato modo di credere al cittadino, a più riprese, che la plastica fosse uno dei mali maggiori al mondo. Ora il cittadino stesso è maggiormente preparato, forse meno sprovveduto in termini di conoscenze e perciò si chiede costantemente se ciò che risiede nella comunicazione dei contenuti in merito ai rifiuti ed al riciclo siano veri oppure no. Ed in entrambi i casi, si chiede in quale misura vadano considerati.

Dopotutto, non dimentichiamo che il costo per muovere la carrozza della transizione ecologica è realmente enorme e, volenti o nolenti, al momento si riversa purtroppo ancora interamente sui consumatori stessi, in quanto sono gli attori più esposti ai cambiamenti dell’intero mercato.

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